@rbit

Suggerimenti e consigli Informatica & Elettronica.
Cosa stai cercando?

Il tuo indirizzo I.P. è: 18.97.14.81

» Home » Ruffano » Racconti e storie in dialetto salentino » La bicicletta rossa

pag... 1 2 3

⇐ pag. precedente 

La bicicletta rossa. - pag.2

vai a ⇐ Pag. 1  Quando imparai a camminare e correre cominciò la mia vera lotta dura, con mia madre, mi serviva un mezzo di locomozione per giocare.
Tutti i miei amici, qualche anno più grandi di me, avevano la bici ed io il triciclo.
La mamma era preoccupata per il traffico automobilistico, all’epoca era pochino ma la strada era una delle arterie principali del nostro paese, passavano le corriere e si incominciavano a vedere le prime automobili.
La scusa di mio padre, quando rientrava dalla Svizzera era:
"no te mmanteni in equilibriu, te pisa u culu."
– non ti mantieni in equilibrio, ti pesa il sedere.
Intanto avevo raggiunto quasi sei anni e mi sentivo abbastanza grande per fare quello che volevo.
Non mi arresi e decisi che avrei portato allo sfinimento mia madre fino a quando non mi avrebbe comprato una bella biciletta.
Il risultato che ottenni fu sfinire un vicino di casa che non potendone più dei miei capricci quotidiani, per questa benedetta bicicletta, mi promise che se avessi fatto il bravo me ne avrebbe regalata una.
Io sul triciclo. Io? Un angioletto, un vero e proprio puttino di quelli scolpiti nella pietra leccese.
Mia madre preoccupata litigò col vicino. Conoscendomi non voleva in quanto ero ancora troppo piccolo, e con severità lo minacciò che se lo avesse fatto sarebbero stati guai.
Il vicino la rassicurò, la bicicletta era rotta, non avrei potuto usarla però mi avrebbe fatto passare la fantasia e la voglia.
Finalmente arrivò il giorno in cui diventai proprietario di una bicicletta.
La mia bella bicicletta rossa, era rosso ruggine… c’era più ruggine di vernice rossa.
Me ne innamorai al primo sguardo.
Era una bici di media misura un po’ grandicella per me, ma che fa! L'importante era possederla.
I pedali! Erano inesistenti, c'erano solo i due ferri.
Niente freni. Non sapevo a cosa servissero fino a quel momento, col triciclo non servivano frenavo con i piedi per terra.
La sella? A cosa serve! Mica salivo come Fantozzi… alla bersagliera!
La cosa più importante… mancavano le gomme, c'erano solo i cerchioni di ferro.
Era bellissima.
"Non ti azzardare a prendere la bicicletta finchè non l’aggiustiamo," tuonò mia madre, e la appese su un chiodo in cantina.


⇐ pag. precedente  ↑ torna su 

Capii dopo qualche settimana che quella bicicletta non sarebbe mai stata aggiustata e mi preparai ad agire.
Adesso capisco che non era colpa mia se ero un terremoto inarrestabile, erano le circostanze che mi costringevano alla lotta dura.
Attesi silenziosamente, seduto sullo scalone della porta, che mia madre si concentrasse in qualche lavoro impegnativo e quando capì che per un po’ non mi avrebbe cercato sgattaiolai silenziosamente in cantina a recuperare la bici.
Non ce l'avrei mai fatta a toglierla dal chiodo, era troppo alta, però forse avrei potuto farla cadere aiutandomi con qualcosa.
Certo! Il bastone di una vecchia ramazza! Altre volte quel bastone mi aveva aiutato e forse anche questa volta.
Mi armai di bastone, mi posizionai sotta la bicicletta e cercai di allontanarla dal muro e di sollevarla dal chiodo.
Dopo un po’ di sforzi, vidi il chiodo a cui era appesa la bici, non so come mai, sfilarsi dal muro in tufi.
Capì che la bici stava per cadermi addosso e scappai.
Mentre salivo le scale della cantina, si sentii un rumoroso tonfo di ferraglia.
Mi spaventai. Subito pensai che sicuramente quel rumore lo avrebbe sentito anche la mamma quindi da lì a poco sarebbe venuta a cercarmi per capire cosa fosse successo.
Ero uscito per strada e lì rimasi, certo mi salverà la strada! La mia compagna di avventure. A me tutto è sempre successo per strada.
La mamma, mi chiamava mentre stava per imboccare la porta della cantina.
Io la fermai, ero tutto sudato, col fiatone, sporco di ragnatele sui capelli e con il moccolo del naso appiccicato sulle guance, certo! Tra tanto da fare non potevo fermarmi a pulire il naso al fazzoletto.
Che cosa hai combinato questa volta? Mi chiese, mentre mi tirava un ceffone per portarsi avanti col lavoro.
Perchè sei tutto sudato, sporco e spaventato? E giù un altro scappellotto per portarsi in pari.
E rispondi! E giù e giù di santa ragione.... Continua a Pag. 3 ⇒


pag... 1 2 3

Il piccolo fiammiferaio. Il piccolo fiammiferaio - Il fantasma della finestra Il fantasma della finestra.

⇐ pag. precedente  ↑ torna su 

Testa














Piede
 


[ Home Page | Contatti | Privacy | Mappa del Sito ]

Per informazioni scrivere a: info@arbit.it Via A. Guidoni 8, 73049 Ruffano (LE)


designed by Rocco RILLO